volete mezz’ora di relax totale? ecco Emily in Paris (ma attenzione al bidet…)

Voi come state? Io nervosa, ansiosa e dispettosa. Questo brutto, bruttissimo  film del covid lo avevamo già visto non ci interessava davvero rivederlo! Così, quando sono troppo stanca o ansiosa per lavorare, scanalo con il telecomando per cercare qualcosa che mi rilassi un po’. E lo ho finalmente trovato in questa piccola serie di Netflix, Emily in Paris, che è una assoluta delizia antiansia. Ma che, come tante piccole matrioske, contiene una storia dentro l’altra dentro l’altra dentro l’altra…

Ed ecco 5 motivi per vederla e cinque lezioni da imparare:

  1. La storia: Emily è una provincialissima giovane marketing manager di Chicago spedita, per caso, a lavorare per un anno a Parigi. Lo sguardo di una americana sul cuore elegante dell’Europa è strepitoso, così come gli equivoci del linguaggio.QUINDI: cerchiamo sempre di avere uno sguardo nuovo sulle cose.
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  2. La location: che dire, Parigi è sempre Parigi… QUINDI: sogniamo o prenotiamo un biglietto aereo non appena sarà possibile. Nell’attesa, un pain au chocolat non fa male di sicuro all’umore.
  3. Gli abiti: il look american/rozzo di Emily si fa sempre più raffinato e gioca un divertente contrasto con il super raffinatissimissimo guardaroba della sua cappa/megera QUINDI: anche se usciamo poco, usciamo dalla divisa tuta/fuseaux/ciabatte
  4. L’ottimismo: qualunque cosa faccia, Emily ha successo. Perché ci si impegna, perché è intelligente, perché ci crede. QUINDI: crediamoci, il più possibile e sogniamo in grande!
  5. Le polemiche: ovvio che la serie si regga sul fuoco incrociato di luoghi comuni, sia sugli americani che sui francesi (non trattati benissimo, perlomeno all’inizio). Ma la cosa più divertente è che quando le si rompe la doccia la portinaia scorbutica consiglia a Emily di lavarsi i capelli nel bidet. Nel BIDET, dico, che in Francia, notoriamente, non c’è… quindi, levata di scudi degli italiani a difendere la primogenitura e il possesso del bidet nel bagno.                                                                                                            PS: quando amici americani, minnesottiani di origini norvegesi quindi di altezza adeguata, sono entrati per la prima volta ne mio bagno al lago, io li ho visti bene fissare gli occhi prima sul mio metro e cinquanta scarso poi sul bidet e di nuovo sulla mia misera altezza, e ho visto il fumetto in alto in alto sulle loro teste con la scritta “Ma elena si è fatta un lavandino su misura  per lei?”