Il mio ultimo giorno a Milano, prima della reclusione, è stato – almeno così pensavo – un giorno normale. A ripensarci, oggi, è stato un giorno davvero eccezionale. Svegliarsi con il sole, passeggiare nel parco che si stava risvegliando dall’inverno; trovarsi a prendere il caffè con una amica e chiacchierare di progetti; acquistare con calma le poche cose che servono per il pranzo; trovarsi con altre amiche per vedere una mostra bellissima e godersi un te e le chiacchiere in un bar elegante (e, va detto, costoso) ma ripensandoci, come sono stati spesi bene quegli euro per una tazza di profumato tè al gelsomino! Oggi la mostra, con gli strepitosi quadri di La Tour e i tagli di luce che facevano risplendere il rosso degli abiti e le espressioni dei volti, è chiusa. Spenti i riflettori, mentre la polvere si deposita lentamente sulle cornici dorate e intagliate, le sale di palazzo reale sono invase dal silenzio, un silenzio totale e irreale: e chissà se le figure dei quadri si guardano stupite fra loro, chiedendosi che cosa mai sia successo fuori di lì. Nessuno gode la strepitosa vista sulla galleria dal bar dai colori pastello; ma sono pochissimi quelli che percorrono le geometriche lastre di marmo del pavimento sotto le volte di ferro che collegano una deserta piazza Duomo alla altrettanto deserta piazza Scala. Un ovattato silenzino domina il regno della musica, spente le luci dell’immenso lampadario, vuote le poltroncine di velluto di palchi e platea. Quando sarà finita questa guerra, subdola e spaventosa, dovremo per prima cosa riaccendere quelle luci, far risuonare quella musica: perché Milano è questo, Milano è cultura, incontri, progetti. Una città che stava vivendo un momento d’oro, amata dai milanesi e adorata dai turisti, che mostravo con orgoglio agli amici stranieri, fieri della combinazione di storia e futuro. Pensiamoci, non appena tutto questo finisce: riaccendiamo Milano!
tornerà la luce!
a cura di ELENA MORA