In attesa del 4 maggio, il secondo desiderio dopo il parrucchiere è il cappuccino del bar (il mio preferito è Bastianello in San Babila a Milano, dove fanno il cappuccino scuro più buono di tutta la città). E sognando il cappuccino perfetto, mi sono ritrovata a pensare alla colazione di una volta…
La colazione era un vero, irrinunciabile, rito anche se celebrato in modo informal-assonnato. Il primo adulto ad alzarsi preparava il caffè e scaldava il latte per i bambini, attento a non farlo bollire fuori (tracimare direbbero alcuni politici che imparano un nuovo vocabolo a lustro), cosa che occasionalmente capitava, a scapito della sua sorveglianza, con catastrofici effetti: sporcava i fornelli con una crosta quasi irremovibile e riempiva la casa dello sgradevole odore del grasso bruciato. Niente latte scremato del tutto o in parte, tutto a brevissima conservazione: allora, il latte era intero e molto intero, consegnato a domicilio fresco ogni mattina se non direttamente dalle mucche della stalla, almeno da chi ne possedeva una. Nel nostro caso la nonna che, attenta alla salute di noi nipoti, lo portava chiuso in contenitori di metallo, forse per preservarlo dal caldo, forse perché meno fragili delle bottiglie di vetro.
Il primo pasto della giornata si consumava velocemente ma non frettolosamente, c’era sempre il tempo di scambiare qualche banalità sul tempo, sulla scuola, sugli impegni ed i futuri programmi della giornata; il tutto in un clima di familiarità ovattata dalla sonnolenza.
La colazione consisteva di latte, mezzo litro, e caffè d’orzo fino alla quinta elementare, con vero caffé dalle medie in poi, sempre accompagnato da grandi fette di pane raffermo. I biscotti erano un’eccezione, un lusso anche se non rarissimo; inutilmente invece anelavamo alle veneziane, piccole brioche di pasticceria tonde simili a panettoncini poi commercializzate come Buondì, oblunghi e come quelle pralinati con golosi granelli di zucchero. Mentre le mitiche finte pesche all’alchermes, assurdamente rosa e deliziosamente appiccicaticce, in sostanza erano solo a lungo sognate dopo essere state gustate quando gli adulti ci avevano concesso (e si erano concessi va detto) il grande vizio di acquistare una in occasione della tradizionale e annuale gita al santuario.
Come alternativa al caffè d’orzo nel latte si utilizzava l’Orzoro, polvere di malto tostato, che si scioglieva direttamente nel latte; in seguito per qualche tempo scoppiò la moda dell’Ovomaltina, preparato svizzero granulare solubile che dava al latte un vago sapore di cacao. Presso di noi non raccolse molto entusiasmo: scoprimmo che era molto più gustoso mangiarlo a cucchiaiate direttamente dal barattolo piuttosto che scioglierlo nel latte. La miscela, così, finiva molto più in fretta di quanto ci si sarebbe aspettati… e venne abbandonata.
sognando il cappuccino del bar… ma ve la ricordate la colazione di una volta?
a cura di ELENA MORA