Lo so, lo so, la definizione giusta sarebbe documentario. Ma Rising Phoenix, da ieri su Netflix, è un vero e proprio film. Ed è un gran bel film. Ed è un orgoglio vedere che questo documentario sulle paralimpiadi, sull’essere atleti quando una disabilità grave sembra togliere ogni speranza, si apre con Bebe Vio, la schermitrice Italiana senza braccia e senza gambe. Ogni atleta racconta la sua storia: ma la vera sostanza della storia è che nelle Olimpiadi si creano eroi, alle paralimpiadi gli eroi arrivano. E sono bambini nati senza braccia, o amputati per un tumore: e già sembrano storie terribili anche solo da ascoltare, figuriamoci da vivere per un figlio, per un genitore. E poi c’è Jean battiste Alaize, l’atleta Tutsi, vittima della guerra civile In Burundi, colpito con un machete che gli ha reciso la gamba, è testimone dell’assassinio della madre, uccisa davanti a lui, Quando aveva tre anni. E si scopre – o perlomeno Io non lo sapevo che tutto è cominciato nel 1948 grazie al medico tedesco, L’ ebreo Ludwig guttmann, neurologo e neurochirurgo, che ha iniziato a curare i pazienti con lesioni spinali gravi, in genere soldati, che prima di lui venivano abbandonati a se stessi. Lui iniziò la riabilitazione anche attraverso lo sport dando inizio così alle paralimpiadi ovvero le olimpiadi parallele. Insomma, un documentario che è un vero e proprio film, con musiche, immagini e regia straordinarie, che racconta storie di straordinario coraggio. Come quella di Bebe Vio, che ho avuto il privilegio di intervistare, e che deve essere di ispirazione per tutti.
Rising Phoenix. Un grande film. Con Bebe Vio.
a cura di ELENA MORA