E’ stata dura convincere questo bel pezzo di bollito ad ammorbidirsi (cinque ore!) ma il risultato ne è valsa la pena: un risotto portato a cottura con il suo brodo, molto molto apprezzato da tutti. Non so perché il risotto giallo per me è il pranzo della domenica – forse solo perché si usava così da mia nonna, grande cuoca. Certamente i bambini apprezzano, i grandi pure, e se avanza, come oggi, è buonissimo scaldato alla milanese, con la sua crosticina meravigliosa. A me quasi quasi piace di più così… Preparando il risotto mi veniva in mente la faida famigliare del “mescolare o non mescolare”. Due scuole di pensiero che dividevano la famiglia: chi, come una sia, sosteneva che si dovesse mescolare il riso in continuazione, sempre nello stesso senso, aggiungendo il brodo a poco a poco. E chi, come un’altra, sosteneva che non dovesse essere mescolato mai, buttando il brodo in una sola volta, e per MAI si intendeva MAI: se qualche malcapitato, per sbaglio, entrando in cucina, toccava il risotto nella pentola con un cucchiaio, mestolo o cucchiaio di legno, incorreva nelle sue ire perché da quel momento, secondo lei, diventava tassativo riprendere a mescolare e non smettere fino alla cottura perfetta del riso. Io mescolo, poi lascio fare al bollore. Ho una unica certezza: prima di aggiungere il burro (di rigore) e il grana (abbondante) spengo il fuoco.. Così la mantecatura è perfetta. Unico, vero problema: il riso non aspetta nessuno… quindi vanno mandati tutti a lavare le mani qualche minuto prima della fine cottura.
PS: certo che con gli ossibuchi il risotto è il massimo, ma anche con un bollito morbido e profumato non è mica male… provare per credere!