A fine giugno di qualche anno fa sono stata, per Diva e donna, a Forlimpopoli. Con me la bravissima fotografa Grazia Lissi: il tema della nostra missione era documentare la scuola di cucina che si rifà al cuoco innovatore, autore del primo best seller di ricette italiano, Pellegrino Artusi. E’ stata, devo ammetterlo, una esperienza straordinaria: perché ho scoperto lì le Mariette, le donne che tramandano la arte della pasta fatta in casa, con gioia e allegria, con il gusto per i sapori semplici ma straordinari, che si fondano, però, su una cultura che ha le sue radici nei secoli. Ho mangiato, ovviamente, cose buonissime; tagliatelle impastate con cuore e sapienza; ho nuotato nelle vasche termali della zona; ho respirato ospitalità e cultura nella migliore delle sue manifestazioni. Perché in questa Scuola Artusi, che celebra lo scrittore, c’è anche una biblioteca di libri di cucina dove, da allora, sonnecchia anche il libro che ho scritto con mio fratello “Il dizionario dei sapori perduti”.
Perché ve ne parlo adesso? Perché questo signor Pellegrino Artusi è nato esattamente 200 anni fa, ai primi di agosto del 1820. E ha una storia davvero interessante: figlio di un droghiere benestante, che non si dà grane preoccupazione per la sua istruzione, visto che, come è logico, ci si aspettava che si occupasse, da adulto, della attività del padre. Cosa che lui fa, in una vita che sembrava scorrere tranquilla su noiosi binari fino ai trent’anni. Il colpo di scena, drammatico, avviene nel 1851: la banda di briganti del celebre Passatore fa irruzione nella casa Artusi, ruba tutto ciò che può, carica di botte il povero Pellegrino e violenta alcune donne, fra cui la sorella Gertrude. Dramma nel dramma, Gertrude non si riprende dallo shock tanto da essere ricoverata in un manicomio. La famiglia decide di allontanarsi da quel luogo così fitto di orribili ricordi e si trasferisce a Firenze. Lì gli affari prosperano, tanto che, a nemmeno 50 anni, Pellegrino è in grado di vivere di rendita, abbandonando la attività commerciale che non gli era mai interessata più di tanto. Legge i classici, scrive una Vita di Ugo Foscolo che non è esattamente un best seller e, da single mai pentito, inizia ad appassionassi alla cucina. Raccoglie ricette, le scrive in maniera garbata e precisa, raccontandole anche un po’, e cerca un editore per il suo lavoro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”. Il libro viene rifiutato da tanti editori, evidentemente poco perspicaci, e il nostro Pellegrino, a cui non mancano i mezzi, decide di pubblicarlo comunque, a sue spese, nel 1891, quando ormai ha 70 anni. Il successo del libro, che colleziona 790 ricette, non è immediato ma travolgente. Nel corso delle 15 edizioni, sempre pubblicate a proprie spese, l’Artusi continua ad aggiornare il suo libro, chiedendo alle lettrici di inviare ricette che lui raccoglie o rielabora, e diventando così un antesignano dei cuochi da Web, oltre che il nonno onorario di Masterchef e dintorni.
Perché se fosse nato 200 anni dopo, ne possiamo stare certi, il nostro allampanato Pellegrino con le sue basettone bianche e il suo parlare forbito sarebbe per certo diventato un personaggio di spicco fra i cuochi da piccolo schermo. Una curiosità: le cuoche che avete visto nella foto in alto si chiamano Mariette in onore della sua governante (a cui il nostro probabilmente doveva anche qualche consiglio) Marietta Sabatini a cui l’Artusi lasciò, alla sua morte, i diritti del libro.
Un libro di Ketty Magni ripercorre la storia del nostro Pellegrino: Artusi il bello e il buono (Cairo editore). Ma ve ne parlerò domani…