Lui, Vittorio, è il capo cerimoniale del Quirinale. Lei, Corinna è la conduttrice del tg di prima serata. Senza figli, con qualche risparmio, decidono insieme di ritirarsi dal lavoro per godersi il tempo libero, i viaggi. Ma si ritrovano improvvisamente persi nel vuoto e, da potenti che erano, improvvisamente senza il potere più importante di questi tempi: la visibilità. Così si rimettono di nuovo in gioco, disposti a tutto per tornare potenti fra i potenti. Li racconta con grande acutezza e una intrigante trama gialla Daniela Tagliafico, volto del tg1 ed ex direttrice di Rai Quirinale nel libro “Le coniugazioni del potere” (Mazzanti, euro 20).
Corinna e Vittorio esistono nella realtà?
“Quando sono andata in pensione ho deciso di frullare alcuni personaggi degli ambienti dove ho lavorato e che ho conosciuto bene. Vittorio e Corinna, certo, sono estremizzati nella loro spregiudicatezza. Ma credo che comportamenti come i loro si possano trovare in ogni posto di lavoro, non necessariamente Quirinale o Rai: anche se questi, ovviamente, essendo posti di grande potere, alimentano al massimo ambizioni e rancori”.
Molto affascinante è il fatto che Corinna abbia il potere della sue estrema visibilità, del grande pubblico, e Vittorio, invece, quello dietro le quinte, delle conoscenze nel mondo rarefatto dei potenti veri…
“Lui si fa forte dei silenzi e fa credere anche di sapere più di quanto non sappia: che sono due qualità eccellenti per i cinici e bari. Ma Vittorio, in un certo senso, troverà una sua redenzione, mentre lei sarà se stessa fino in fondo. Il potere è una brutta bestia: Sofocle diceva che per capire un essere umano bisogna vedere come arriva al potere; io aggiungo che è anche interessante vedere come si comporta quando lo perde. Il potere poi è un afrodisiaco, secondo Kissinger l’afrodisiaco supremo; il senso di onnipotenza di chi non deve nemmeno chiedere. I miei personaggi lo perdono proprio all’inizio dei libro e non vi sono preparati: non è un caso che quando lui, dopo trent’anni di auto blu, prende la metropolitana, si perde nel centro di Roma, la sua città. E’ spaesato, perduto. Quando lei trova una idea per ritornare sotto i riflettori è anche per ritrovarsi, ciascuno di loro e come coppia”.
Si dice che per il potere si arriva fino ad uccidere…
“Sì perché alla fine è solo una questione di potere. Tanti uomini che uccidono le proprie compagne lo fanno per il potere che hanno su di loro o che stanno perdendo quando loro li vogliono lasciare”.
Negli anni al Quirinale ha visto vizi e vezzi di presidenti e ospiti, ma nel libro ha avuto grande rispetto della istituzione.
“Non sono così ipocrita da dire che non ci sia la aneddotica, ce ne è molta, ma sì, ho cercato di avere rispetto. Anche il mio protagonista, in fin dei conti, si sente un servitore dello stato e uno dei motivi per cui decide di andarsene è per uscire integro e non macchiare il Quirinale con gli errori del suo passato. Il paradosso è che lui, che era l’uomo dei segreti, che sapeva governare tutto con calma e ponderatezza, alla fine è in preda al panico perché non è capace di risolvere il conflitto con se stesso”.
Vittorio e Corinna non sono mai sfiorati dal senso del ridicolo, malgrado tutto, malgrado ogni ostentazione?
“No. Il senso del ridicolo non lo hanno perché sono troppo sicuri di sé; del fatto di potersi costruire una strada diversa e suscitare sempre invidia; per questo, per quanto siano solidi dal punto di vista finanziario, ostentano una solidità ancor maggiore”.
L’apparenza è tutto per i suoi personaggi: fino ad arrivare a far pubblicare decine e decine di annunci di condoglianze, con i nomi finti, per una morte.
“Questo è un fatto di cronaca vera, di estrema messa in scena: una vedova lo aveva fatto davvero per il coniuge, per mostrare uno status sociale del marito, onorabilità e potere che lei, ovviamente, ereditava. Il potere è anche mostrare quanti ti piangono. La realtà a volte gioca la fantasia”.