Ho molto amato i libri di Michael Connelly che avevano come protagonista questo poliziotto della omicidi di Los Angeles dal buffo nome di Hieronymus Bosh (fortunatamente detto Harry); e spesso li ho letti nella traduzione della bravissima Maria Giulia Castagnone. Ero quindi molto preparata ad essere deluda dalla loro trasposizione televisiva, prodotta e trasmessa da Amazon Prime, come accade quando un libro ci ha conquistato il cuore. La serie, invece, ha conquistato me: persino troppo, perché non riesco a smettere di vederla, nemmeno fossi una adolescente in piena maratona tv (binge watching per i raffinati). Lui, Harry, non bello ma affascinante, è un eroe del quotidiano, in lotta con la burocrazia e i maneggi politici tanto quanto con i criminali. Nulla lo riesce a spaventare, se non le minacce alla moglie, da cui ha divorziato, e alla amatissima figlia. Nulla lo ferma se parte alla ricerca di un colpevole e di una verità. Un passato difficile – segnato da una infanzia in orfanotrofio e dall’assassinio della madre – rende complicati i rapporti con gli esseri umani, limitati a colleganza e rispetto per chi, secondo i suoi standard molto elevati, ha dimostrato di meritarlo. Il simbolo di questa sua caratteristica caratteriale è la sua casa, ben descritta nei romanzi: un cubo di cristallo arrampicato in cima alla collina e affacciato su una Los Angeles che è un infinito tappeto di luci; un rifugio che però, come la sua identità, poggia su altissimi e fragili sostegni in una zona a grave rischio di terremoto. Un po’ lenta, a tratti cupa, la serie però non scade mai in quell’esibizione di sangue e violenza che purtroppo spesso tinge molti telefilm di ultima generazione – portando a un continuo rialzo della asticella delle emozioni che, personalmente, mi ha annoiato. Insomma, ve la consiglio, ma con un avvertimento: può creare dipendenza… Fortunatamente è stata appena confermata la settima (e ahimè ultima ) serie.
Harry, un duro dal cuore tenero
a cura di ELENA MORA