Harris trump: corsa verso la casa Bianca ma come?

“Proteggerò le donne, che loro lo vogliano o meno”.
Questo è solo uno degli ultimi slogan provocatori di Trump che, da solo, avrebbe potuto affossare una campagna mediatica anche di un recente passato. Ma non è così, mi verrebbe da dire purtroppo.

Ma anche per fortuna, pensando a quelle immagini del 13 luglio scorso quando il candidato alla presidenza Trump viene raggiunto da un proiettile all’orecchio destro. Ferito e sanguinante, viene allontanato dagli agenti della sua sicurezza, ma lui alza il braccio che viene immortalato in un momento di forza davanti alla bandiera a stelle strisce.
Sembrava che da quel momento in poi non ci sarebbe stata più speranza per nessuno dei suoi oppositori. Ma siamo bombardati di informazioni e notizie, immagini di sciagure incidenti e la nostra memoria è ormai ridotta a quella di un topolino.

Nella combo, Donald Trump (a sinistra) e Kamala Harris (a destra).
EPA/ EPA

Questo è uno dei motivi per cui i due contendenti in corsa per la casa bianca non resta che alzare sempre di più il volume della voce, il livello della provocazione, cercando dello spazio in tv.
Trump lo fa a modo suo, presentandosi a bordo di un camion della spazzatura, mostrandosi mentre serve patatine in un McDonald’s, lanciando slogan che comunque, per lui o contro di lui facciano notizie. La campagna fra l’ex presidente dei capelli arancione e la donna, già vicepresidente, si gioca su toni completamente diversi. Piu lui alza la voce, più lei cerca di rassicurare. Tailleur severi e camicia bianca, classici orecchini di perle che Trump attacca sostenendo che siano radioriceventi quando si trovano ad affrontarsi nel dibattito televisivo. Lui cerca l’effetto, lei placa i toni. Per lui era stato facile attaccare Biden, debolissimo, sul tema dell’età: ora questo stesso argomento si gioca contro di lui, visto che Kamala ha solo sessant’anni. È uno scontro di genere e di generazioni dal risultato quantomai incerto. E se alla candidatura di Hillary Clinton, nel 2016, gli americani avevano scherzato dicendo che il paese avrebbe eletto Topolino piuttosto che una donna, a distanza di otto anni è ancora molto difficile che una donna di colore possa diventare la prima presidente negli Stati Uniti.
L’unica certezza è che gli Stati Uniti non sono mai stati così divisi: una metà per il miliardario, già condannato, già fallito, che ha già dato pessima prova di sé dopo i risultati dell’ultima elezione. L’altra metà a fianco, forse senza neanche tanta convinzione, di una vicepresidente che non è riuscita a conquistare pienamente nei suoi anni accanto a Biden. Ma sono suonate alte le scuse di un ex dirigente della televisione su cui Trump conduceva il suo show the apprentice: “abbiamo creato un mostro, ha detto. E per questo dobbiamo chiedere scusa nostro paese”.

Forse non è del tutto vero ma in parte sicuramente lo è: proprio la trasmissione televisiva è stata la ciliegina sulla torta di una immagine che Trump ha costruito, malgrado tutto, per la intera sua esistenza. Dagli hotel ai casinò, dagli aerei privati ai matrimoni, creando il mito (falso) di un uomo di enorme successo. I suoi successi sono stati, quantomeno, pari ai fallimenti.
E curiosamente nessuno dei due candidati espone il partner: Kamala ha ridotto al minimo le apparizioni con il marito, mentre nessuna donna è più a fianco di Trump; la figlia Ivana, fedele consigliera, è scomparsa dai radar; la moglie Melania ha accettato di comparire, di malavoglia, accanto a lui due volte sole in tutta la campagna elettorale. E probabilmente in cambio di un gioiello del valore del PIL di un piccolo paese africano e di un pochino di attenzione mediatica per promuovere il suo libro appena uscito. Ci vorrà qualche giorno prima di sapere i risultati: ma parlando di televisione, speriamo molto di non dover rivedere quelle scene dei giorni dell’Epifania quando proprio Trump istigò i suoi seguaci ad attaccare il Campidoglio. Immagini, quelle, difficili da dimenticare.