Passato il primo momento di sgomento, si cerca di capire, di trovare l’equilibrio giusto fra preoccupazione e precauzione. Cerco di pensare che siamo in una situazione di privilegio, che siamo tutti insieme e che l’importante è sopravvivere. E’ una guerra, la guerra che la mia generazione non ha mai (per fortuna) conosciuto. I miei genitori ne hanno vissuta una, i miei nonni addirittura due. Noi siamo di fronte a una guerra batteriologica in cui non c’è nemmeno un nemico, ma una minaccia invisibile che sta diventando sempre più vicina e spaventosa. La natura, intanto, fiorisce: quasi a ricordarci che qualunque cosa succeda, a noi umani, il mondo di cui siamo solo degli inquilini continua senza di noi, probabilmente malgrado noi. Dagli ospedali arrivano messaggi durissimi, di situazioni drammatiche: e medici e infermieri sono i veri eroi di questa guerra senza nemici e senza confini da difendere se non quello della nostra salute e quella degli altri. Restiamo a casa, proteggiamoci e proteggiamo in questo modo chi ci ama. Non c’è altro da fare: essere cittadini corretti, coscienti del fatto che pensando a salvare la salute – e la vita, perché di questo si tratta – degli altri salviamo anche la nostra.
Dalla zona rossa giorno due: crescono precauzioni e preoccupazioni
a cura di ELENA MORA