Buona giornata dei diritti dei bambini ( e dei nonni?)

Questa mattina Anna si è svegliata dicendo “Oggi è la mia giornata. E’ la giornata dei diritti dei bambini”. Adoro la sua capacità di intercettare tutto, di riflettete, a quattro anni e mezzo, di cercare di fare sempre un passettino avanti con il suo cervellino, di ragionare. Anche Andrea la segue: lui ha dichiarato solennemente “sono contro le scriminazioni!”. E io sono molto grata alle maestre di Borgomanero, che stanno facendo un grandissimo lavoro spiegando concetti difficili come diritti e discriminazioni (per la cronaca, la spiegazione dei gemelli è “se un bambino è bravo ma tutti dicono che è cattivo e lo lasciano da parte”, quindi hanno capito).


Vi siete accorte che da iun po’ non parlavo dei miei nipoti? Semplicemente perché sebbene siano a 80 km, 40 minuti di macchina, sono in un’altra regione, quindi non li posso vedere. Mi mancano? Si tantissimo. Penso con ansia al Natale e vorrei tanto passarlo con loro: ma vorrei anche che non fosse l’ultimo che passiamo insieme, quindi… Non so per voi ma per me è un momento davvero complesso. E mi continuo a ripetere che sono una privilegiata, che ho un tetto sulla testa e sono al caldo, che ho del cibo, che ho un compagno che (per qualche ora) è qui con me – e si è impietosito a tal punto che si è visto tutta la serie di The Crown senza fiatare. Ma come sintetizza bene la mia amica Luisa Ciuni se io mi rompo un braccio mi fa male, e se c’è qualcuno più sfortunato di me a cui lo devono amputare lo capisco che è più sfigato, ma il male non mi passa…

E forse perché sono emotivamente più fragile, perché i bambini sono lontani, e perché qui le sirene delle ambulanze scandiscono veramente il tempo che nemmeno una pendola a Buckingham Palace, mi torna alla mente un ricordo dolceamaro. Dieci anni fa, nel 2009, ho coordinato un libro per celebrare la giornata dei diritti dei bambini: una bellissima raccolta di racconti pubblicata da Piemme, con i contributi di autori e disegnatori, a favore della Unicef.

La prefazione era di Clio Napoletano, moglie dell’allora presidente della repubblica.  La presentazione si era svolta a Roma, con lei come ospite; al termine, mentre uscivo nel centro della città, nel cielo azzurrissimo della Capitale le frecce tricolori disegnavano la nostra bandiera. E ho pensato che dovevo chiamare mia madre, e raccontarle che ero stata con la moglie del presidente della repubblica, che avevamo fatto, in qualche modo, qualcosa insieme, pensando a quanto sarebbe stata orgogliosa. Ma mia mamma era viva, chiusa nella solitudine in cui l’ictus l’aveva segregata. E non c’era nessun altro al mondo con cui potevo condividere quel momento. Ma bando ai sentimentalismi, volete sapere come cominciava la prefazione della straordinaria Clio? “Cari bambini, se state leggendo questo libro significa che siete fortunati perché sapete leggere. Saper leggere vuol dire che c’è qualcuno che vi ha insegnato a farlo, che siete potuti andare a scuola…” Ecco, sono ben cosciente di quanto fortunati siano i miei nipoti a poter andare a scuola e con maestre così brave. E di come siano sfortunati tanti ragazzi, in questi mesi, a non poter andare a scuola se non virtualmente, davanti a un computer, chiusi in casa. Speriamo finisca presto, per loro e per tutti noi.