una festa di colori e un balzo nel passato: la mostra di Fiorucci alla Triennale
Per noi che venivamo dalla provincia, teen agers nei primi anni 70, il negozio di Fiorucci in San Babila era la tappa obbligata; ma era anche la nostra Londra, la nostra New York. In parte, però, lo era davvero:perché quel negoziato pieno di colori aperto nel 1967 è stato un crocevia di talenti, pop star, designer, creativi.
La mostra a palazzo Triennale lo dimostra subito (scusate il gioco fai parole) esponendo in una teca dei jeans disegnati nientemeno he da Keith Haring; modernissimi anche ora, in una era di tele strappate e male tagliate, ma assolutamente innovativi allora; peraltro, basta pensare che una delle testimonial del brand fu Madonna. In esposizione, fra coloratissimi oggetti e abiti super creativi – molti dei quali sarebbero belli da indossare anche oggi – una miriade di documenti, foto, anche personali, articoli di giornale e pubblicità che raccontano la storia di Elio Fiorucci (Milano, 1935-2015).
Partendo da un banco di scuola su cui è appoggiato un suo tema da ragazzino in cui, quando gli viene chiesto di raccontare il suo sogni e immaginare un domani, è assolutamente preveggente: voglio fare il commerciante, scrive,, anche se non avrò successo non importa, questo è quello che voglio fare. Così, partendo dal negozio di pantofole del padre, rimasto indenne dopo i bombardamenti, inizia a occuparsi di comunicazione, disegna un paio di scarpe per le suore che diventano un hit fra le ragazzine e, da lì, è un trionfo di creatività.
Durante la visita si è accompagnati dalla sua voce, che racconta i primi anni, la guerra, il negozio: e forse il suono delle sirene dei bombardamenti alla fine è persino un po’ troppo invadente. Ma negli oggetti esposti si possono trovare e ritrovare le origini di tante tendenze vive ancora oggi; e si ha quasi nostalgia di quegli anni, di quel colore, di quella voglia di cambiare, di colorare il mondo. Acuita, forse, anche dal grigio di quegli anni di piombo che, anche proprio vicino al negozio, vedevano in piazza San Babila affrontarsi ragazzi di diverse ideologie, in un anticipo, anche lì, di quella contrapposizione netta e conflittuale che oggi viviamo al massimo, acuita dalla compartimentazione favorita dai nuovi mezzi di comunicazione. E torna alla mente la stagione delle “radio libere” e di come venivano contestate per il loro potenziale di contrapposizione: ma, allora come ora, a doppia faccia; potevano essere usate per chiamare alla rivolta ma anche per avvisare di un pericolo.
Scusate, ho un pochino divagato: ma la mostra, in ogni caso, un bagno nel colore e nel passato che decisamente vale la pena di fare.
Fiorucci
Triennale Milano
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