Sembra incredibile che questo Come l’arancio amaro (Bompiani) sia il primo romanzo scritto da Milena Palminteri. Un libro che davvero riuscirà difficile mettere giù se, come spero, riuscirò a convincervi a leggerlo.
La storia si svolge su due piani, uno nel 1960, uno, con i capitoli intitolati La storia quella vera, nel 1924. Siamo in Sicilia, e Carlotta, 36enne laureata in legge che, invece di diventare avvocato a tutti gli effetti ha accettato un lavoro di ripiego all’archivio notarile, scopre fra le carte polverose un atto che la riguarda.
Scopre così un segreto del suo passato che la famiglia ha custodito gelosamente. Dei suoi non è rimasto che uno zio acquisito, in realtà un amico di famiglia, a cui lei ora pone le domande che la scoperta le ha suscitato. Chi è lei davvero? Chi è suo padre? E sua madre? Nelle sue vene scorre sangue nobile oppure, come nei migliori feuilleton dell’ottocento, il suo caso è quello di sostituzione di neonato? Come in un giallo si snodano le scoperte di Carlotta e le rivelazioni dello zio, contemporaneamente alla ricostruzione della storia prima della sua nascita.
Ci troviamo così catapultati nei primi anni venti, in una società divisa in caste precise, in cui la violenza sulle donne è cosa quotidiana, così come il loro indomito coraggio.
Non posso svelare di più ma vi garantisco che la lettura e appassionante, non lascia respiro e, ammetto, sono corsa avanti in una delle due tracce che il libro intreccia per capire che cosa è successo davvero e come lo svelamento avviene, infine, cambiando per sempre la vita di Carlotta.
E il titolo? L’arancio amaro, spiega la autrice, è detta pianta madre per eccellenza, perché accoglie l’innesto di altri agrumi meno resistenti: ed è una metafora delle vicende legate alla nascita di Carlotta, della forza delle donne protagoniste del romanzo.
Buona lettura, sperando che il libro vi faccia la compagnia appassionante che ha fatto a me.