È vero come dicono, che ci sono degli eventi che segnano talmente la nostra vita che ci si ricorda dove si era quando si è avuta la notizia. Io in quel giorno, per noi l’ora dell’intervallo di pranzo al giornale, avevo accompagnato mia figlia teenager a fare shopping. La prima telefonata di suo padre, che ci raccontava che un aereo era entrato in America all’interno di un grattacielo, non c’aveva colpito più di tanto. Non avevamo proprio capito che stavamo vivendo un momento storico. La telefonata successiva però è stata davvero drammatica.sono salita di corsa in redazione dove ho trovato tutti attoniti davanti agli schermi delle televisioni: Lavoravamo allora in un giornale di programmi televisivi E gli uffici erano pieni di televisioni tutte sintonizzate sulle stesse immagini. Spaventose. Vedere colpito un simbolo degli Stati Uniti faceva capire che l’attacco terroristico nel cuore dell’America era davvero drammatico . Il resto è storia. Storia complicata, storia di guerre di colpevoli di innocenti che hanno patito più di tutti. Nell’immediato c’era la preoccupazione per le persone che conoscevamo e che vivevano lì, la Amica Anna, i colleghi di CINZIA, mia cugina che lavorava per lehman Brothers, la banca che aveva sede alle torri gemelle. Ed era così spaventata CINZIA, che era incinta del figlio Pietro, che è venuta a dormire da noi per non essere sola. E forse è questo che da quell’11 settembre siamo tutti un po’ più soli, più spaventati. E ora, accerchiati da un virus che fa ancora più paura del terrorismo.
Undici Settembre, vent’anni fa
a cura di ELENA MORA