Onore a Liliana Segre che conserva la memoria e onora la sua carica presentandosi in Senato a votare: ed è con lei, e con una conversazione con la mia amica Nicoletta Sipos, autrice di due libri legati alla nostra storia recente, che vorrei celebrare la giornata della memoria. Perché dietro la trama del suo libro “La promessa del tramonto” c’è la storia della sua famiglia; e dentro “La ragazza con cappotto rosso” (PIemme) quella di amici nella bufera delle leggi razziali. Ma sentiamo da lei, dalla sua voce, la sua storia.
Tibor è un giovane ungherese, ebreo, che nel 1939 studia medicina in Italia e si innamora di una infermiera cattolica. A causa delle leggi razziali deve fuggire, fortunosamente seguito da lei, in Ungheria; perseguitato dai tedeschi prima, e dal regime stalinista poi, dovrà affrontare una fuga dopo l’altra. La promessa del tramonto (Garzanti, euro 16,90) è una appassionante storia d’amore e un viaggio attraverso la terribile storia di un passato recente e che si tende a dimenticare o, peggio, a negare.
Una storia vera ma talmente incredibile da sembrare finta. La tua?
“Mio padre, mia madre, gli zii mi raccontavano, ma io mi chiedevo come è possibile? Così ho controllato i documenti, le leggi e ho verificato che era tutto veramente così. Ebreo in fuga, mio padre è riuscito a scampare a situazioni assurde, ma lui raccontava la storia sua e di mia madre come una specie di favola”.
Sei piccolissima quando un ufficiale della Wermacht trova in casa vostra un libretto bancario della cognata ebrea nascosta; quando tua madre, per salvarsi, dice che è della bambina tu rispondi al nome della zia senza esitazioni.
“Sì. Io, che avevo tre anni, ho mentito a questo ufficiale che sino ad allora era molto gentile. Non so come, ho avvertito il pericolo e ho salvato me stessa e mia madre. Ho cominciato a scrivere questa storia per i miei figli e i miei nipoti; poi, però, anche seguendo le cronache di guerre e migranti, ho sentito il bisogno di raccontare che cosa vuol dire mettere tutta la vita in una valigia, cominciare di nuovo in un paese dove non conosci nessuno, non capisci nessuno e non sei nessuno”.
Perché raccontare, soprattutto facendosi leggere, è ricordare: e, come dice Liliana Segre, “la memoria è il miglior vaccino contro l’indifferenza”.