“Era da troppi anni che non giocavo” scrive Lidia Ravera nel libro di cui vi ho parlato ieri, “Tempo con bambina” (Bompiani). Un vero peccato, perché il gioco è una cosa davvero seria. Ed è molto colorato, ma anche molto serio, il festeggiamento per il 90 anni della Fisher Price, che firma da nove decenni giocattoli che sono entrati in tutte le case: alzi la mano chi, avendo bambini, non ha giocato pazientemente con questo:
Ma è interessante rileggere la storia di questa ditta, delle persone che la hanno fondata, nel 1930, l’anno successivo alla catastrofe economica del 1929. Anno bui come quello che stiamo vivendo, in cui però due uomini e una donna decidono di investire nel gioco. Inteso come giocattoli. Lei, Helen Schelle, aveva un negozio di giochi; lui, Irving Price, era il sindaco della cittadina di Aurora, sposato con una illustratrice di libri per bambini, Margaret Evans, che fu la sua prima art director; alla madre del terzo socio,Herman Fisher, che era una insegnante, si deve il termine “giocattoli per l’età prescolare”.
Una vera e propria intuizione, all’alba degli anni trenta: e scorrere le foto dei giocattoli prodotti in 9 decenni è come attraversare un pezzo di storia del nostro mondo. Perché si parte da una nonna papera pre disneyana, passando attraverso una ape di legno pre Ape Maya, un telefono per bimbi (il primo telefono posseduto da più di 27 milioni di persone), la classica fattoria, lo scuola bus, il giradischi portatile, il trenino Thomas che ancora impazza in televisione ( ne so qualcosa, avendo i nipotini, ma la serie di cartoni animati ispirata al gioco, devo ammettere, è molto carina). Per arrivare agli eroi moderni, medici e infermieri in versione giocattolo, che vedete nella foto in alto: per rispondere all’epidemia del COVID-19 nel 2020, Fisher-Price ha realizzato un’edizione speciale di action figures collezionabili chiamata #ThankYouHeroes. Tutti i ricavi netti registrati in italia (i giocattoli sono in vendita sulla piattaforma digitale di LuisaViaRoma) andranno a supporto dell’Unicef. E forse bisogna riflettere sul fatto che negli anni della grande depressione, quando il mondo, un certo mondo, sembrava finito, la voglia di giocare, con il legno e il destino, ha portato al successo. “Hai ancora voglia di giocare” mio ha detto tempo fa un amico, e non avevo capito se era una critica o un complimento. Voi che ne dite?