Ok, risparmio i dettagli anche perché non vorrei mai che una partoriente – o una mamma di – leggesse. Il lieto fine, come potrete immaginare dal tono del racconto che avete letto sin qui, c’è stato. Non prima di quei lunghissimi minuti in cui la vita può cambiare e, di fatto, cambia. La sola idea di avere rischiato di perdere una persona cara cambia priorità, umore e atteggiamento generale. Da quel mattino per me splende sempre il sole, anche se diluvia o la mia Milano è avvolta nella nebbia. Certo, mi arrabbio. Certo, ho i malumori. Ma subito mi riporto alle basi. Le persone che amo stanno bene. Ho riserve infinite di ansia ma riservo il buio a incidenti mortali e malattie inguaribili. Tutto il resto è benvenuto e benedetto. Così come quei due ranocchietti, poco più grandi di un tacchino, entrati prepotentemente nella nostra vita. Due esserini con un loro temperamento, due gemelli diversi come ogni singolo giorno, da lì a oggi, ha dimostrato. Lei urlante, lui tranquillo. Lei che praticamente si butta fuori dal taglio del cesareo, lui estratto con calma. Tanto che Anna – la gemella impaziente – viene sempre definita, con suo grande orgoglio, la maggiore. Maggiore di due minuti, ma questo non conta. Lui con un ditino storto come la mamma e il nonno, lei no. Lui che la cerca, quando li mettono a dormire nella stessa cullina, lei con la faccia di una che dice “ma dove eri finito?”. Nove mesi – pardon, sette – insieme, a cullarsi nello stesso liquido amniotico, poi improvvisamente, bum!, fuori. La neomamma sta meglio, possiamo tutti rilassarci. In attesa di portarli a casa, momento che sarà il culmine della nostra felicità. Certo, come no…
Diario di una supernonna (ovvero Le mie prigioni) capitolo 5
a cura di ELENA MORA